mercoledì 25 marzo 2015

Concluso il convegno ceciliano di Assisi “Cantare la speranza cristiana”. Tre giorni (dal 9 al 12 marzo) di preghiera, studi, concerti e conferenze. L'omelia del Cardinale Bassetti: “Il canto e le musiche liturgiche siano belle e dignitose”. Il messaggio del Presidente AISC mons. Cola: “Canta il cristiano che ha la gioia nel cuore”. Pirotecnico j'acccuse dell'organista di Paolo VI padre Emidio Papinutti: “Il concilio si aspettava tutt'altra musica...”. Presenti anche Cantalamessa, Bux, Donella, Sorrentino, Baldisseri.

L'Associazione Italiana Santa Cecilia ha appena concluso la sua tre giorni di formazione liturgico-musicale sul tema “Cantare la speranza cristiana. Repertori per le celebrazioni rituali”. La no-stop di incontri, studi e conferenze, si è svolta alla Domus Pacis di Assisi, un albergo situato a pochi metri dalla Papale Basilica di S.Maria degli Angeli, dal 9 al 12 marzo. Centosessanta i partecipanti (tra i quali i maestri di cappella delle più prestigiose cattedrali italiane, sacerdoti, musicisti, religiosi e scholae cantorum), sette i relatori invitati a prendere la parola (c'ero anch'io per presentare il libro Cantate al Signore!).
Ad aprire i lavori il Presidente mons. Tarcisio Cola con una lunga e articolata riflessione. “Il canto della speranza – ha detto mons. Cola – sgorga dal cuore che crede e dalla forza della fede vissuta. L’uomo senza speranza non canta. Il canto della fede che spera è espressione viva di entusiasmo interiore che incendia il cuore e dà voce alla profezia e alla lode, al rendimento di grazie e allo stupore, alla gioia e alla contemplazione, alla supplica e al pentimento. E’ l’esperienza dell’uomo biblico: dal canto di gioia di Adamo, all’Amen dei redenti nell’Apocalisse; dall’appassionata difesa di Dio da parte di Mosè e dei profeti, al Magnificat di Maria e all’ebbrezza della Chiesa a Pentecoste. Si tratta di un canto ora di chi si trova direttamente coinvolto nell’azione di Dio, ora di chi desidera farne memoria viva. Questo canto non è finalizzato a creare una qualche atmosfera esteriore, ma è inno che, mentre celebra nell’entusiasmo della fede le meraviglie di Dio, allo stesso tempo le fa conoscere agli altri uomini come speranza realizzata”. Dopo di lui, nei giorni successivi, si sono avvicendati al microfono Nicola Bux, professore alla Facoltà Teologica Pugliese e Consultore delle Congregazioni per il Culto Divino,  padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, don Valentino Donella, il più grande studioso italiano di musicologia liturgica e direttore del “Bollettino Ceciliano”, nonché maestro di cappella a Bergamo. Ma l'intervento più “esplosivo” è toccato al francescano padre Emidio Papinutti, ex organista in San Pietro sotto i pontificati di Paolo VI e Giovanni Paolo II, per anni segretario generale dell'AISC. Papinutti, con humor delizioso, ha raccontato le battaglie combattute dai ceciliani da cinquant'anni a questa parte per arginare le applicazioni estreme del Vaticano II. “Un concilio – ha ricordato – che pur aprendo al rinnovamento, ha raccomandato di mantenere in massimo onore l'organo a canne e dichiarato il gregoriano 'canto proprio della Chiesa'. Eppure per mezzo secolo si è fatto finta di niente, le chitarre hanno preso il sopravvento e noi che abbiamo il coraggio di denunciare la situazione, siamo accusati di essere retrogradi... Una volta ci chiamarono addirittura fascisti!”. Il francescano organista ha raccontato anche una serie di aneddoti inediti su Paolo VI (che salvò dal crack finanziario l'Associazione) e sul primo Presidente eletto mons.Antonio Mistrorigo. Il simposio è stato scandito da intense celebrazioni eucaristiche. Una messa è stata officiata in latino con canti gregoriani e versetti polifonici dal cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, nella Basilica di S. Maria degli Angeli. Due Messe sono state celebrate in italiano, rispettivamente da mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, sempre presso S. Maria degli Angeli, e dal cardinale Gualtiero Bassetti presso la Basilica inferiore di S. Francesco ad Assisi. Nella sua omelia il cardinale Bassetti ha ricordato “il culto dovuto al Signore che, al di là degli aspetti esteriori, deve saper coinvolgere corpo e anima di ogni fedele, soprattutto in quei momenti tristi della vita, quando il dolore e la prova prendono il sopravvento”. E quindi ha aggiunto: “Una più attenta riflessione sulla Parola di Dio e sul significato profondo della vittoria di Cristo sulla morte, ha posto la liturgia cattolica di fronte alla necessità di sottolineare, anche nel commento musicale, il valore della speranza cristiana, radicata in quella roccia del Calvario, che tremò dinanzi all’avvenimento centrale di tutta la nostra fede: la resurrezione di Gesù, il suo ritorno alla vita, a quella vita piena e realizzante che il Signore ha promesso a ciascuno di noi. La Sacrosanctum Concilium al n. 10 ci ricorda che ogni celebrazione liturgica è il culmine e la fonte dell’agire della Chiesa, al punto che nessun’altra sua azione ne eguaglia l’efficacia. Gesti, parole, canto e musica possono e devono essere eloquenti per tutti, nella misura in cui sono compiuti in spirito e verità. Ai carissimi amici musicisti, compositori, in particolare, il delicato compito di proporre musiche degne del rito e che privilegino la Scrittura, in modo che in esse riecheggi la vivezza del linguaggio biblico e la spiritualità di quello liturgico. Bisogna pregare Dio non solo con formule teologicamente esatte, ma anche in modo bello e dignitoso. Sì, è necessario, come diceva San Giovanni Paolo II, scoprire e vivere costantemente la bellezza della preghiera e della liturgia. È questo l’augurio che formulo agli aderenti all’Associazione Italiana Santa Cecilia, che si sforzano di coniugare il messaggio biblico scritturale con quello liturgico. I segni e i suoni della liturgia devono trovare nella Parola di Dio la forza per spiegare le realtà della nostra fede e accrescere in noi lo spirito di orazione e di fiducia nel Signore”.